Dal 12 ottobre 2016 la Corte Penale Internazionale può perseguire i crimini ambientali alla stregua di reati contro l’umanità. Con questa riforma i Procuratori dell’Aia possono indagare sia i singoli individui che gli Stati per crimini contro l’ambiente. La Corte può perseguire soltanto i presunti responsabili che provengono da uno dei 139 Paesi firmatari dello Statuto di Roma; il Brasile è tra gli Stati membri e firmatari.
Dichiarazione di Igor Boni (Direzione nazionale Radicali Italiani):
“La distruzione in atto in Amazzonia non è questione interna al Brasile: si tratta di un danno ambientale incalcolabile che colpisce l’intero Pianeta. Ciò avviene non solo con il consenso del Presidente Bolsonaro, ma con la sua evidente complicità esplicitata dal suo invito agli agricoltori a disboscare per ottenere terre coltivabili, dalla totale inerzia dimostrata in queste settimane, nonché dalle sue accuse ridicole a ONG e Associazioni ambientaliste rispetto alle migliaia di incendi in atto (circa 73.000).
Chiediamo per questo alla Corte Penale Internazionale, secondo quanto stabilito dalla riforma del 2016, di perseguire il Presidente Bolsonaro per crimini contro l’ambiente che individuano peraltro nella ‘deforestazione’ e nello ‘sfruttamento dissennato delle risorse naturali’ due fattispecie precise. Se nel 2018 il Nicaragua per 300 alberi e 6 ettari è stato condannato, oggi per l’Amazzonia parliamo di centinaia di milioni di alberi e milioni di ettari.
Chiediamo che l’Unione Europea e l’Italia sostengano la richiesta di incriminazione del Presidente del Brasile”.
Fonte: notiziegeopolitiche.net Genesis72
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