"Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza della criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, sollecita la costante attivazione della giustizia". Jamal Khashoggi (saudita), Daphne Carvana Galizia (maltese), Anna Stepanovna Politkovskaja (russa), Jan Kuciak (slovacco) e Hector Gonzales (messicano) sono soltanto gli ultimi di una lunga lista di nomi. Martiri della verità, del pensiero, della legalità, hanno pagato con la vita la passione professionale che li univa. Hanno pagato il loro voler essere parte integrante di un giornalismo di inchiesta fatto non per gossip, ma per far emergere verità pericolose. Sono gli ultimi di una grande lista, dicevo, perché non dimentichiamo quanti, anche in Italia, sono stati uccisi da mafie, partiti politici extraparlamentari e governi canaglia. Ma non dimentichiamo anche quanti, incarcerati illegittimamente, pestati a sangue e minacciati fisicamente e psicologicamente. La libertà di stampa è indice, ricordiamocelo tutti, della libertà di un Paese, ed in un Paese libero non ci devono essere bocche cucite. Quindi al di là degli accordi di Stato utopicamente, si dovrebbero boicottare quei Paesi che ostacolano la libera informazione. Rafforzare identità culturali in un contesto interculturale, ecco come si dovrebbe agire. Ripeto, so che questo è molto difficile, oserei dire impossibile, perché altri grossi interessi girano intorno. Il martirio, il sacrificio di così tanti professionisti così come la nostra Ilaria Alpi non dovrà eclissarsi, non dovrà essere vano. "Io ho un concetto etico di giornalismo, un giornalismo fatto di verità".
Lion Rasta
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