Si racconta che verso l'inizo del secolo scorso, nel borgo antico di Bari e precisamente in piazzetta Sessantadue marinai, viveva un uomo di nome o meglio chiamato Gna gnut.
Era enorme, come enormi erano le sue mani, le sue gambe, la sua pancia, le sue ricchezze. Solo di cuore Gna gnut era piccolo, nel senso che "non facev ben a nisciun". Non era buono. Gna gnut di mestiere faceva il "prestasoldi" e la sua bontà non era una prerogativa.
In un epoca in cui il credito era molto limitato le poche banche private agivano come "monte dei pegni" e dunque concedevano credito a chi lasciava qualcosa come impegnativa... chessò un gioiello di famiglia, un oggetto di valore, un cavallo, un qualcosa con un valore stimato di gran lunga superiore alla somma richiesta.
Gna gnut era una banca privata a tutti gli effetti, e il suo giro di affari andava ben oltre la città di Bari. Egli prestava danaro a tutti, i suoi clienti andavano dall'armatore a corto di contanti, al padre di famiglia che doveva sposare la figlia.
Gna gnut si avvaleva anche di una squadra di riscuotitori, chi non riusciva ad onorare il proprio debito correva subito a supplicare un piano di rientro per evitare forzatura.
Gna gnut era cinico, di lui abbiamo detto quanto fosse enorme. Egli accettava di tutto nelle transazioni, persino il pagamento degli interessi in natura. Inoltre ostentava la sua ricchezza organizzando banchetti tra amici e prostitute.
Fu proprio durante uno di questi banchetti che Gna gnut ci lasciò le penne. Infatti morì soffocato da un osso di pollo ingoiato per traverso. Tutti festeggiarono l'evento, naturalmente i più erano debitori nei confronti del prestasoldi. La festa durò più giorni e molti furono i forestieri che vennero ad accertarsi dell'accaduto.
"A'dda fà la fine di Gnagnut" è l'augurio che si fà a chi ostenta ricchezza e manifesta egoismo.
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