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Guardare quelle registrazioni era guardare la morte presente piuttosto che la vita passata. Le braccia rotonde della zia evocavano il fantasma flaccido della sua magrezza attuale; il chiasso che baluginava tra le decorazioni natalizie, sminuzzato dall'interferenza maldestra col microfono, ribadiva la quiete oziosa delle nuove festività; ogni viso sorridente recava la contrapposizione dello sconforto riflesso nello schermo della realtà, laddove quello capitava che si facesse abbastanza scuro. La fine improvvisa della visione lasciò gli spettatori immusoniti soli con la sorpresa delle loro facce carnevalesche. Tutti tacquero, impensieriti dalle emozioni quanto dalla generale difficoltà a rompere il ghiaccio. Quei fossili mobili di mondi perduti a cui avevano appena assistito li costringevano a ingerire un'amara pillola: un tempo avrebbero saputo cosa dire, e quel tempo era davvero esistito. Cominciavano ad apparire patetici, disposti com'erano lungo i due divani, simili a estranei in sala cinematografica più che a una famiglia, eppure nessuno si faceva avanti. Sperarono collettivamente quando una delle più giovani, possessore legittimo della videocamera, si alzò per scollegare l'aggeggio dal televisore, ma anche quest'occasione andò alla deriva nel disagio allorché tornò con un sospiro a sedere. Non furono in pochi a cedere all'ipocrisia e a biasimarla sotto le sopracciglia aggrottate o nel taglio severo della bocca, così come furono in molti a stringere le mani congiunte tra le ginocchia e a farsene una ragione. Il tiptap imperturbabile dell'orologio dominava ormai le orecchie. Quando qualcuno si alzò per la seconda volta, strappando dal vuoto lo sguardo di tutti, fu per andare via. Quest'aperta intolleranza, contrariamente all'insincera ma educata messinscena del condiviso stato contemplativo, fu ironicamente proprio ciò che ci voleva per far attecchire il chiacchiericcio. Poneva, infatti, un solido punto in comune: nessun altro, lì, avrebbe mai azzardato una scortesia di tale portata. A pigolare puntualmente il suo disappunto, la prima fu zia P., una notevole collezione di lardo bianco su cui fette sottili di labbra rosse più delle fragole risaltavano simpaticamente, come pesciolini esotici sul fondale immacolato. I sovrastanti riccioli erano biondi giochi di luce sulla superficie cristallina. Concordarono tutti con la sua voce civettuola, farfugliando, quando sottolineò l'inappropriata assenza di buoni motivi che il fuggitivo aveva avuto per piantarli in asso così. Seguirono numerose apologie del ritardo che avevano impiegato le critiche a sollevarsi, un ritardo che aveva strategicamente mancato l'effettiva presenza del condannato, e il sollievo si diffuse tra le coscienze come una boccata d'aria fresca a luglio o una cravatta allentata dopo il lavoro. Le riflessioni sulla congenita sgradevolezza del soggetto emersero con spontanea ovvietà, a maggior ragione quando si offriva la testimonianza di quei video a corroborare. L'approvazione infiammava. La padrona di casa, risollevatisi gli spiriti, fu incoraggiata a occuparsi di rinfreschi che l'ostilità con cui si erano riuniti non aveva previsto; fortunatamente le dispense immancabilmente fornite non resero troppo arduo raffazzonare uno spuntino che non avrebbe macchiato il loro onore di osti. Sui vassoi che furono trasferiti in soggiorno tintinnavano bricchetti di latte caldo, le obbligatorie tazze di caffè e gli aggiuntivi bicchieri d'acqua fresca, il tutto scompartito da vagoni di svariati biscotti secchi, luccicanti di zucchero e ombreggiati da spolverate di minute briciole che lasciavano la loro appetitosa impronta lungo le scanalature delle dita. Di fianco ad essi, ad irrobustire quel corso d'acqua dolce, il rivolo salato costituito da tramezzini accuratamente tagliati e rimpinzati. Ce n'era, insomma, per tutti i palati, e non venne trascurato neppure l'invito a chiunque preferisse le bevande frizzanti a servirsi direttamente dal frigorifero. Si iniziò a fare a meno delle giacche, i cappelli volarono via, le posture si fecero sbracate, le bocche sempre più indifferenti alla debita suddivisione tra masticare e parlare. Quando l'indaco della sera circondò le loro spalle come un vecchio compare, non si fece a meno di qualche birra. Le guance arrossate fecero defluire anche la sera, e a notte fonda ogni questione era stata discussa sentitamente, persino tra i bambini rassegnatisi alla sonnolenza, cullati dalla mezzaluna che filtrava tra le tende e che in cielo si rammaricava, con lacrime nivee, per il fuggitivo: fautore di tanto bene eppure ora solo esule, in una casa più insonne di quella ancora giallastra nella notte.


                                                                                                                                         M.

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