Una situazione unica, una sensazione di paralisi, abbiamo capito con lei che il problema Coronavirus era grave, anzi gravissimo, come si è rivelato purtroppo in seguito. Il calcio si è fermato. Tutti i campionati, a partire dalla massima serie, proseguendo per i dilettanti sino alle serie minori e ai campetti sotto casa. Ora so bene che molti di voi diranno che questo è un discorso superficiale e che specialmente coloro che non masticano volutamente di calcio aggiungeranno un "e chi se ne frega". In una società moderna che si rispetti, per il ritorno alla normalità bisogna rispettare gli usi e le abitudini di tutti, in special modo quando un comparto, amato o odiato, questo non importa, movimenta più di 5 miliardi di euro, oltre a essere lo sport nazionalpopolare del belpaese. Il calcio, inoltre, tra i suoi occupati non ha soltanto gli odiati/amati, ma soprattutto, invidiati calciatori professionisti, ma anche massaggiatori, medici ed altre figure, ai più, meno conosciute, persone insomma. Nessuno, e ne sono convinto, vuol prendersi le responsabilità di eventuali e probabili errori, a cominciare dal ministro Spadafora, che dello sport dovrebbe curarne gli interessi, magari con un rilancio in sicurezza. Inoltre, non dimentichiamo che il calcio "rilascia" risorse ad altre discipline cosiddette minori, le quali grazie al calcio possono affrontare trasferte con spese. Il mio è un "j'accuse" a chi, dietro una non tanto velata incompetenza, dichiara con una sterile frase "prima la salute", che dice tutto e niente, se non aggiungi soluzioni e protocolli. Storie di rinvii e non decisioni, come succede quando si è in attesa di un qualcosa che non si sa e si può temporeggiare. Basterebbe un tavolo unico con seduta ad oltranza, con tutte le parti interessate, media compresi ed un pizzico di buona volontà di tutti. Almeno a provarci, quindi senza polemiche ripensiamo questo pallone. Oggi più che mai bisogna essere pratici, pochi ipocriti e disponibili verso tutti. Ma forse il Governo non ha capito nemmeno questo.
Lion Rasta
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